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Le impronte di Eva
10 domande 1 libro
1. Vuole parlarci della sua ultima opera, perché scrivere un libro su questo argomento?
Ho lavorato in Sudafrica per quasi cinque anni come giornalista freelance appena dopo la fine dell’apartheid. Quello che ho scoperto e imparato negli anni trascorsi in quel paese così complesso e dalla storia tanto martoriata ha lasciato un segno profondo. Soprattutto, mi ha lasciato con molte domande inevase.
Prima fra tutte: Se fossi nata e cresciuta “da bianca” in Sudafrica durante il regime dell’apartheid, cosa avrei fatto? Avrei avuto il coraggio di ribellarmi a uno stato di polizia duro, autoritario e razzista o avrei messo la testa sotto la sabbia, come fecero i più?
Ho scritto Le impronte di Eva (Ensemble Edizioni) soprattutto per rispondere a questa domanda.
L’ho fatto raccontando la storia di Zoe, una scienziata bianca (una “afrikaner” discendente dei primi coloni europei) che, spinta a entrare in un deserto (quello del Kalahari in Namibia) in cerca di fossili di ominidi, si trova a fare i conti con l’oscura storia della sua famiglia e con se stessa.
Tengo a precisare che Le impronte di Eva è la traduzione italiana, abilmente condotta da Stefano Gulmanelli, del romanzo che ho pubblicato in inglese, in Canada, con il titolo The Afrikaner (Guernica Editions).